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RISTORAZIONE: “Rischio chiusure con il perdurare della pandemia e della crisi economica”

DiGiuliano Monari

Gen 3, 2022

“Non sappiamo più come fare per andare avanti” – è il grido disperato di alcuni ristoratori che, stretti tra spese, tasse, stipendi e tavoli vuoti – non vedono più la fine del tunnel.

“Si sperava di fare ‘cassa’ durante queste festività, invece, a causa di contagi, della paura e della crisi economica, in sala abbiamo avuto più personale che clienti. Le disdette fioccano e se continua con questo trend, nei prossimi mesi saremo costretti a mettere in cassa integrazione parte del personale.” Una situazione che va avanti da ormai due anni e che, anche per pizzerie e ristoranti storici e ben strutturati, rischia di diventare l’anticamera del fallimento o della chiusura. “I costi delle materie prime sono sempre in aumento e, nonostante le promozioni con pizza a metà prezzo, i clienti latitano. Un po’ la paura, molto dovuto alla crisi economica, l’incertezza del futuro con una emergenza che viene continuamente prorogata, sono un cocktail micidiale.”

La situazione nel comprensorio centese è dunque di pre-allarme e, “senza interventi da parte governativa i prossimi tre mesi rischiamo di vedere un bagno di sangue” è lo sfogo del ristoratore. Non c’è dubbio che pesa l’incertezza del futuro con persone che escono sempre meno di casa per cenare ad un ristorante o una pizzeria. Ma non è soltanto la ristorazione che soffre di questa perdurante situazione di incertezza economico-sanitaria, anche il comparto dell’abbigliamento non ride: Negozi che faticano ad andare avanti nonostante le promozioni e gli sconti, stretti anche loro tra affitti, tasse e incombenze varie ed una clientela sempre più rara e poco propensa a spendere.

Gli aumenti spropositati di gas ed energia elettrica sono solo l’ultimo dei problemi che si stanno presentando in questo inizio d’anno. Il rincaro dei generi alimentari, dei carburanti e la tassazione sempre più assillante stanno creando una pericolosa situazione che potrebbe portare ad una ulteriore desertificazione del centri storici a favore dei grandi centri commerciali che, forti della loro competitività, attraggono sempre più clientela, sottraendola al piccolo esercizio.

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