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L’inchiesta: “Dalla Parte dei ComMercianti” in tempo di COVID

DiGiuliano Monari

Nov 5, 2020

Di Manuela Armida

Un déjà vu.

Zona rossa, arancione e gialla. E subito vengono in mente i colori utilizzati per disegnare arcobaleni, quando si poteva uscire soltanto per “comprovate esigenze”.

D’un tratto, siamo tutti diventati cuochi provetti, prestanti runners, improvvisati tik tokers e amanti dei cani da portare – rigorosamente 4 o anche 5 volte al giorno – a passeggio!

Certificazioni alla mano, abbiamo fatto file chilometriche davanti ai supermercati, per accaparrarci preziosissime scorte di lievito, abbiamo consultato i più impolverati ricettari, indossato tutti i pigiami dell’armadio e guardato sfilze di serie Tv e programmi di intrattenimento. Quel lontano 9 Marzo, il cui ricordo è ancora vivo in ognuno di noi, se da un lato ci ha cambiati tanto, dall’altro però ci è servito a dar peso anche alle piccole cose.

Una semplice passeggiata è un piacere che abbiamo imparato a valorizzare, noi che “una boccata d’aria” abbiamo potuto prenderla, per mesi, soltanto alla finestra o nel balcone, mentre vedevamo svolazzare quei candidi lenzuoli in cui – all’unisono – lanciavamo un accorato grido di speranza: “Andrà tutto bene!”, si leggeva.

Ma dal 3 Giugno, quando si è rimesso in funzione il motore della macchina tricolore, è davvero andato tutto bene? Decido così di fare un giro in centro, per le strade di Cento; per percepire emozioni, stati d’animo, speranze e preoccupazioni dei miei concittadini.

Appena mossi i primi passi, raggiunto l’angolo del marciapiede, mi affaccio sulla strada perpendicolare al Corso principale.

Lo scenario appare subito surreale… Siamo a Novembre e, negli anni precedenti, esattamente in questo periodo, le vetrine erano già impreziosite da suppellettili natalizi, le luci a intermittenza esaltavano le insegne di negozi già affollati dai quali si vedeva uscire gente con – alle braccia – le sporte degli acquisti appena fatti e, per le strade della città, si trovavano già affisse le locandine di tutti gli eventi in programma. Oggi invece niente di tutto ciò e – in bella mostra in tutti i negozi – ci sono cartelli che riportano un unico messaggio, che può apparire monotono ma è doveroso: “in questo esercizio commerciale si può entrare uno alla volta, indossando correttamente la mascherina”.

I negozi si sono adeguati perfettamente alle prescrizioni, tanto che l’odore di igienizzante si percepisce fin dai marciapiedi! E, visto che non sono ancora le 18, faccio ancora in tempo per gustarmi un buon caffè e decido di entrare in un bar. Camerieri con mascherina, tazzine sterilizzate, tavoli candidi e distanziati. Tutto sembra gestito con maestria, e in sicurezza. Proseguo il mio giro e arrivo in Piazza Guercino. Raggiungo uno dei tanti negozi che la rendono accogliente. Incontro Davide Fiocchi, titolare della omonima e storica azienda, fondata nel 1950.

Quando sono entrata, nonostante il periodo critico, il Sig. Fiocchi non mi ha privato del suo sorriso e di una calorosa accoglienza. Un commerciante, in ben 70 anni di esercizio, di certo di esperienza ne ha tanta e avrà conosciuto tempi fasti e nefasti; così gli chiedo: “C’era mai stato un periodo così difficile?”

“Guardi… Ci stavamo risollevando dal terremoto, quando ci siamo ritrovati immersi in un evento così pesante. Un periodo faticoso, come mai prima d’ora, che ci ha messi davvero a dura prova; che riguarda ovviamente anche Cento che, in tal senso, non è un’oasi felice come tanti altri posti, purtroppo. La gente sta a casa e questo comporta che non si consuma. Non si spende. Lei mi chiede come si può superare un periodo così e io le rispondo che l’unica medicina è la collaborazione,

non soltanto con le istituzioni – per cercare di ottimizzare le risorse a disposizione – ma anche tra gli stessi commercianti che hanno tutta la forza necessaria per riqualificare e rivitalizzare il centro storico.

Bisogna essere coesi, come lo siamo stati per lo Street Festival, ad esempio. D’altronde, uno solo non risolve il problema, ma tutti insieme possiamo!”

Effettivamente l’analisi è corretta, e non ci si poteva aspettare altro da un uomo che il commercio lo vive dal secolo scorso. Mica da ieri!

I negozianti ce la stanno davvero mettendo tutta (come è loro solito fare, mostrando la tenacia di chi non può e non vuole mollare; di chi dietro a quel bancone mette passione, dedizione, perseveranza e anche un po’ di pazienza con i clienti più indecisi), pensando ad ogni possibile soluzione per andare incontro alle esigenze dei consumatori: aperture domenicali, offerte vantaggiose, prezzi ribassati e orari flessibili – come ci dice Pesci Stefano della Profumeria Elysium.

In questo nuovo scenario, bisogna fare i conti anche con gli orari di apertura. Un problema che mi testimonia, in modo pacato ma con evidente rammarico e a chiare lettere, Borsari M. Paola, proprietaria del negozio di abbigliamento Hansel e Gretel, inaugurato nel Settembre del 2000.

“Si avverte, in modo tangibile, – dice subito – la paura della gente. Una paura causata dall’incertezza del Governo nel dare direttive, chiare e precise, da seguire per fronteggiare questa situazione. Le strade si svuotano allo scoccare delle 18. Le faccio un esempio concreto… Sabato di gente in giro ce n’era, e anche tanta! Avevamo adornato le vetrine, acceso le luci, abbellito anche lo spazio esterno per invogliare la gente ad entrare, eppure, allo scoccare delle 18 d’un tratto abbiamo visto il deserto… è stata una sensazione assurda, quasi come se l’asfalto avesse inghiottito tutti! Tutto d’un tratto così… puf! Spariti!”

Mentre la ascolto, dietro di me, intravedo l’ombra di due persone, sono una mamma e una figlia, in attesa di entrare nel negozio. Faccio subito qualche passo e raggiungo l’uscita, saluto e ringrazio la signora. Non voglio far aspettare la cliente. In tempo di covid e ingressi scaglionati, tutto è fortemente limitato, anche poter scambiare quattro chiacchiere.

Mi lascio dietro la boutique, nella speranza di aver interrotto l’intervista per un motivo proficuo: il suono di un registratore di cassa che batte uno scontrino.

Continuo la mia passeggiata, mentre echeggiano nella mia mente le parole sentite in questi incontri. Il tintinnio dei bicchieri, portati in mano da un uomo indaffarato e spedito, mi riportano alla realtà. Lo vedo fare avanti e indietro, dall’interno all’esterno del locale, ci incrociamo sul marciapiede e, senza voler interrompere il suo frenetico andirivieni, chiedo se possiamo fare due chiacchiere. Accetta subito, mi invita ad accomodarmi e iniziamo a parlare.

Lui è Marco Bregoli. Tranquilli! se non vi suona familiare è perché è da tutti conosciuto come Billy, uno dei tre soci, dell’ ”Antica Osteria Cencio”.

Sei un ristoratore – dico – quindi uno di quelli che dopo il famigerato lock-down, si è sentito dire che, per poter riaprire, bisognava rispettare un rigido protocollo. Quindi sanificare l’ambiente, disinfettare costantemente e dappertutto, distanziare, dimezzare i posti a sedere, installare plexiglass, disporre – in vari angoli delle sale – erogatori di igienizzante per le mani, personale rigorosamente con guanti e mascherine, eliminare i buffet ecc… E adesso, nonostante le spese sostenute, peraltro richieste dopo un periodo di inattività, vi riducono l’orario di apertura e vi costringono all’asporto, che ha comunque un costo per voi”

Billy, sorride mestamente: “Esattamente! Stiamo combattendo una battaglia dura, gli spostamenti fisici delle persone sono limitati e questo comporta una grande perdita; anche i contatti che le aziende intrattenevano con partners stranieri erano una risorsa e, ovviamente, sono venuti meno. Nel mio caso, ad esempio, i nostri menù in ben 4 lingue diverse, li abbiamo letteralmente messi da parte e ad oggi sono inutilizzati. E’ un giro vizioso. Il punto è: per via delle restrizioni lavoro la metà e devo pagare la metà! La soluzione non è posticipare le scadenze o promettere che arrivino queste o quelle cifre, ma non farci uscire i soldi che non incassiamo”.

Lo ascolto con interesse e, mentre volgo lo sguardo verso l’esterno, per notare come tutto fosse pulito e perfettamente in linea con i decreti, intravedo la figura di quella mamma e quella bimba – che avevo lasciato entrare da Hansel & Gretel – con una sporta che proprio la piccola teneva dai manici e che faceva dondolare ad ogni suo passo.

Dopo aver concluso la mia intervista con Billy, ringraziandolo per la disponibilità ed il tempo dedicatomi nonostante fosse tanto affaccendato, cerco di raggiungerle con passo veloce. Mi avvicino, spiego alla signora della mia inchiesta e le chiedo delle compere appena fatte e dello stato d’animo che avverte camminando, come me, per le vie del centro.

Guardi – mi dice, mentre mi indica il suo ultimo acquisto e sorride alla figlia – io non avrei mai comprato questa maglia a questo costo. Io oggi ho fatto un giro, ho acquistato ad un prezzo competitivo e il commerciante ha lavorato. Positivo per tutti, no? Io risparmio comprando e, di contro, il commerciante lavora. Così tutto ricomincia a funzionare. E’ normale farsi spaventare dalle notizie che ci bombardano, lo comprendo, ma poi bisogna razionalizzare. Il rischio c’è ovunque, allora non si dovrebbe più vivere. Ma possiamo esimerci? O dobbiamo forse rassegnarci a vivere nella paura? A non uscire perché siamo terrorizzati? Assolutamente no – dice con tono deciso – dobbiamo affrontare la difficoltà, essendo cauti e accorti, rispettando le distanze, indossando le mascherine e seguendo tutte quelle prescrizioni che, oramai da mesi, ci sentiamo ripetere costantemente”. Allora le chiedo cosa ne pensa del commercio on line visto che l’ e-commerce ha registrato, fin dall’inizio della pandemia, utili raddoppiati e risultati da record.

“la gente preferisce acquistare on line? io no perché se le botteghe chiudono, il nostro territorio muore, e ci ritroveremo a vivere in un posto spento, senza poter più confidare nel consiglio dei nostri commercianti. Non ci sto. Non mi piace”.

E come darle torto? Come pensare di poter mai preferire ad un caloroso “arrivederci”, del nostro negoziante di fiducia, una fredda mail che conferma: “il tuo ordine è stato effettuato”?

Nella speranza di vederci presto in giro abbandonando ogni paura (ma mai il buon senso), cercando di essere davvero tutti, nel nostro piccolo, Dalla Parte Dei ComMercianti.

Un ringraziamento speciale a tutti i negozianti, per la cortesia e la disponibilità mostrata. 

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