La Guardia di Finanza di Ferrara ha individuato una milionaria frode all’IVA perpetrata sul territorio nazionale da
svariate aziende “apri e chiudi”, tutte gestite da soggetti di etnia cinese, create al solo scopo di far figurare un
apparente giro d’affari, in realtà inesistente, e consentire, attraverso le false fatture emesse a favore di altre
aziende gestite da connazionali, di evadere il Fisco.
Le indagini coordinate dalla Procura ferrarese, hanno consentito di denunciare 23 soggetti, tutti di nazionalità
cinese, resisi responsabili, a vario titolo, dell’emissione e dell’utilizzo di fatture inesistenti, attraverso l’uso
strumentale di 22 società “cartiere”. L’illecito giro d’affari scoperto è di oltre 120 milioni di euro che ha generato
un’evasione fiscale di circa 40 milioni di euro.
L’operazione “Wall Papers” condotta dalla Tenenza di Comacchio, ha portato alla luce un meccanismo illecito
con l’utilizzo di imprese create solo sulla carta e con breve ciclo vitale, che vede coinvolte decine di aziende
attive nel settore degli empori che collocano sul mercato merce varia (articoli per l’arredo e per la casa, accessori
per l’auto, prodotti dell’elettronica di consumo, abbigliamento ecc.) a prezzi estremamente concorrenziali.
Le Fiamme Gialle ferraresi hanno ricostruito il complesso mosaico della frode, partendo da una verifica fiscale
eseguita nei confronti di un esercizio commerciale del comacchiese, il cui titolare, un cittadino cinese ben
radicato sul territorio, presentava alcune anomalie sui dati delle fatture ricevute dai fornitori che i finanzieri hanno
estrapolato ed analizzato attraverso la consultazione delle banche dati in uso al Corpo. L’analisi condotta sugli
elementi delle fatture d’acquisto, portavano gli investigatori ad individuare, anche attraverso i numerosi controlli
incrociati effettuati in collaborazione con altri Reparti del Corpo dislocati in varie province e regioni, diversi
fornitori, di fatto risultati delle “scatole vuote”, con partita IVA non più attiva, una vita media di 2/3 anni, prive di
qualsiasi struttura imprenditoriale, con sedi inesistenti e, ovviamente, inadempienti a qualsiasi obbligo fiscale. Gli
accertamenti hanno dimostrato, in sostanza, che la frode era stata ideata facendo leva sulle cc.dd. “imprese apri
e chiudi”, create come “cartiere” per produrre, a ciclostile, false fatture destinate alle aziende realmente operanti
nel settore del commercio a dettaglio, che le utilizzavano, ad arte, per abbattere il reddito imponibile da dichiarare
ed ottenere, talvolta, rilevanti crediti di IVA nei confronti dello Stato per compensare le imposte da versare. Tale
meccanismo ha consentito, anche alla società verificata, di poter essere fortemente competitiva sul mercato,
praticando prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato a danno degli altri operatori di quel settore
economico.
La ricostruzione della filiera delle imprese “apri a chiudi” utilizzate per alimentare il sistema di frode ha permesso
di scoprire come il fenomeno, sia vasto ed articolato, e sempre attuale, con imprese pronte ad essere aperte e
chiuse con a capo soggetti che di fatto risultano nullatenenti e irreperibili. Le 22 “cartiere” scoperte, risultano
dislocate un po’ a macchia di leopardo, fra il Piemonte (Torino, Cuneo, Novara), la Lombardia (Milano, Varese,
Lecco, Monza, Bergamo, Mantova), il Veneto (Treviso); l’Emilia-Romagna (Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia), le
Marche (Fermo), e il Lazio (Roma) e annoverano fra i loro clienti, numerose aziende, pronte a richiedere, senza
alcuna remora, false fatture.
L’attività di contrasto all’evasione fiscale, anche in questo periodo emergenziale, non si pone dunque solo lo
scopo di recuperare i tributi evasi, ma è volta soprattutto a incidere concretamente sulla diffusione dell’illegalità
fiscale, finanziaria ed economica e sugli effetti negativi che questa produce per l’economia, alterando il normale
gioco competitivo degli attori del sistema, e a tutelare, proprio, quelle imprese, quei professionisti e quei cittadini
che operano nel pieno rispetto della legalità.
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