• Gio. Feb 6th, 2025

Intervento di cardioneuroablazione all’ospedale di Cento

DiGiuliano Monari

Feb 6, 2025

Un giovane paziente affetto da sincope vasovagale è il primo caso trattato nel Ferrarese,
e racconta: “Ora sento di poter tornare a vivere normalmente”

Nell’ambito dell’attività di elettrofisiologia effettuata nelle Aziende sanitarie ferraresi, è stato svolto nei giorni scorsi, presso l’ospedale SS.ma Annunziata di Cento, il primo intervento di cardioneuroablazione: una procedura innovativa e altamente specializzata per il trattamento della sincope vasovagale cardioinibitoria. L’intervento, con esito positivo, è stato effettuato su un giovane paziente con frequenti svenimenti che ha evitato l’impianto di un pacemaker grazie a questa nuova tecnica che provoca una denervazione di alcune aree che influenzano il ritmo cardiaco.

“La sincope vasovagale – spiega il Prof. Biagio Sassone, Direttore del Dipartimento Cardio-Toracovascolare interaziendale, nonchè della Cardiologia Provinciale della USL di Ferrara – è la forma più comune di svenimento nella popolazione generale, causata da un brusco calo della pressione arteriosa e del battito cardiaco, impedendo al cervello di ricevere sangue e causando, quindi, lo svenimento. In alcuni pazienti, il rallentamento del battito può essere tale da arrivare all’arresto cardiaco per qualche secondo. In questi casi si parla di sincope vasovagale cardioinibitoria. Ed è proprio questa forma sincopale che può giovarsi della tecnica di cardioneuroablazione. Sebbene nella maggior parte dei casi la sincope vasovagale non sia pericolosa per la vita, in alcuni pazienti può diventare invalidante, compromettendo gravemente la qualità della vita, impedendo la guida di autoveicoli o imponendo limitazioni nell’attività lavorativa. Questo succede generalmente quando gli episodi sincopali diventano molto frequenti, non sono prevedibili o causano gravi traumi dovuti alle cadute durante lo svenimento”.

Nella maggior parte dei casi, i pazienti con sincope vasovagale riescono a controllare il disturbo seguendo le raccomandazioni fornite dal personale medico qualificato. In altri casi i pazienti vengono istruiti sull’esecuzione di alcune facili manovre di contrazione muscolare delle mani o delle gambe, da eseguire quando iniziano a comparire i sintomi premonitori che porteranno allo svenimento. Nei casi gravi di sincope vasovagale cardioinibitoria si può prendere in considerazione l’impianto di un pacemaker: una scelta non facile per la giovane età dei pazienti e poiché in un 20 per cento dei casi svenimenti potrebbero continuare. Non vi sono, infine, terapie farmacologiche risolutive per questo disturbo.

“Presso la nostra Cardiologia – aggiunge il dottor Santo Virzì – è attiva da molti anni una Syncope Unit, centro provinciale per lo studio della sincope certificata dal Gruppo Italiano Multidisciplinare per lo studio della Sincope (GIMSI), che garantisce la presa in carico per l’intero percorso di questi pazienti, dalla fase degli accertamenti diagnostici per identificare la causa, fino alla soluzione terapeutica ottimale”.

La cardioneuroablazione è una tecnica recentemente introdotta nella pratica clinica ed eseguita ancora da pochi centri, che rappresenta una chance terapeutica per i pazienti con frequenti e gravi episodi di sincope vasovagale cardioinibitoria. Scopo della cardioneuroablazione è eliminare alcuni gangli nervosi situati nel cuore che ricevono segnali dal cervello e dal sistema nervoso autonomo per regolare il battito cardiaco, decidendo se deve rallentare o accelerare a seconda delle necessità del corpo. In pratica, sono come delle “centraline” che aiutano a mantenere il cuore in sincronia con ciò che succede nel resto del corpo. Una volta localizzati, questi gangli vengono disattivati applicando energia sottoforma di radiofrequenza erogata attraverso un sottile catetere. Ne risulta una denervazione che rende meno sensibile il cuore alle stimolazioni vagali,  evitando il rallentamento del battito cardiaco responsabile della sincope.

L’intervento è stato eseguito dal professor Matteo Bertini (unità operativa di Cardiologia dell’Azienda ospedaliero universitaria) e dal dottor Enrico Bertagnin (unità operativa di Cardiologia dell’Ospedale di Cento – Ausl). La procedura ha previsto l’utilizzo di un sistema di mappaggio cardiaco tridimensionale che ha permesso di navigare dentro il cuore mediante cateteri inseriti attraverso una vena dell’inguine. “Grazie a tecnologie di ultima generazione e alla competenza del nostro team integrato delle due aziende sanitarie ferraresi, possiamo offrire ai pazienti soluzioni innovative e personalizzate, migliorando significativamente la loro qualità di vita” aggiunge il professor Sassone.

Il giovane paziente racconta che “Per un attimo ho vissuto con il timore di dover limitare la mia autonomia nella vita di tutti i giorni e sul lavoro. Ora sento di poter ricominciare a vivere normalmente, avendo scongiurato anche il rischio dell’impianto di un pacemaker”.