
Il discorso integrale del Sindaco Accorsi.
Care cittadine e cari cittadini, autorità militari, civili e religiose, associazioni
oggi, seppur in una versione leggermente contenuta, celebriamo l’ottantesimo
anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Una data che non è solo memoria, ma anche coscienza, responsabilità, futuro.
Ricordiamo il 25 aprile 1945, come il giorno in cui l’Italia si scrollò di dosso il giogo della dittatura, dell’occupazione, della paura. Ma non fu una liberazione “data”. Fu una liberazione conquistata. Con il coraggio, con il sangue, con la disobbedienza civile, con la Resistenza.
Ricordiamo oggi quella Resistenza fatta da donne e uomini di fede politica diverse, ragazze e ragazzi, contadini, operai, intellettuali, religiosi, militari, persone comuni che hanno scelto da che parte stare: la parte della libertà, dell’uguaglianza, della dignità umana.
Nel celebrare questo ottantesimo anniversario non possiamo dimenticare come solo pochi anni prima, nel 1938, furono promulgate in Italia le leggi razziali. Leggi vergognose che spogliarono migliaia di nostri concittadini di origine ebraica dei loro diritti, delle loro vite. Leggi che aprirono la strada all’Olocausto, alla Shoah. Insieme a quelle leggi ci furono, purtroppo, anche complicità, silenzi, finzioni. In sintesi: indifferenza.
Quel tragico ventennio ha scritto pagine di storia terribili, le pagine delle stragi che accompagnarono quegli anni: Marzabotto, con i suoi 1.830 morti innocenti, Sant’Anna di Stazzema, con 560 persone trucidate in poche ore; le Fosse Ardeatine. Uomini, donne, bambini, sacerdoti, famiglie intere.
E non possiamo dimenticare le altre vittime dei regimi nazifascisti: ebrei, rom e sinti, persone omosessuali, transessuali, persone con disabilità, oppositori politici. Tutti considerati “esseri inferiori”, tutti perseguitati, deportati, uccisi. Questa è stata la tragica ma vera essenza del fascismo.
Eppure, ancora oggi, nel 2025, c’è chi a vario titolo non riesce a condannare chiaramente il fascismo, c’è chi tenta di riscrivere la storia, di edulcorare, di relativizzare. A loro dobbiamo ricordare tutto questo. Non per rancore, ma per giustizia. Non per il passato, ma per il presente e per il futuro. Non per fede politica di parte, ma per fede democratica e di libertà.
Viviamo in un mondo travagliato, lacerato da nuovi e vecchi conflitti, dalle porte dell’Europa, all’Africa, a Gaza, da muri che si alzano, da diritti che si erodono. Assistiamo poi, quotidianamente a fenomeni sociali preoccupanti: alla negazione delle soggettività delle donne, la marginalizzazione delle persone migranti, la criminalizzazione delle differenze, l’esaltazione di identità fittizie basate su nazionalismo e patriarcato.
Dall’esperienza della dittatura, del totalitarismo, della soppressione delle libertà individuali e collettive, è nata però la nostra forma repubblicana e democratica che poggia le proprie fondamenta sulla nostra Carta Costituzionale. Carta, che oggi più che mai, come ci ricorda il Presidente Mattarella dev’essere la mappa per abitare il nostro tempo e per indirizzare le azioni di chi, come me e tanti altri, guida le istituzioni e serve il Paese.
Prima di concludere voglio, anche in questo contesto, ricordare – con dolore e commozione – la morte del Santo Padre Francesco. Un uomo di pace, che con coraggio e determinazione negli anni del suo pontificato ha sempre richiamato il mondo al valore del dialogo, della solidarietà, dell’incontro. In un’epoca attraversata da guerre, odio e disumanizzazione, la sua voce è stata un faro, un monito costante contro l’indifferenza e l’ingiustizia. Il nostro pensiero e il nostro cordoglio vanno oggi alla sua figura, alla sua missione, al suo messaggio di fraternità universale, alla comunità cattolica e non solo.
E come ha ben ricordato sempre il Capo dello Stato: La riconoscenza nei suoi confronti va tradotta con la responsabilità di adoperarsi, come lui ha costantemente fatto, per questi obiettivi.
Care centesi e cari centesi, è l’ennesimo 25 aprile carico di incognite e di rischi, ma è anche un giorno in cui possiamo e dobbiamo rinnovare il nostro impegno. Un impegno per un’Italia e un’Europa solidale, democratica, accogliente. Un’Italia e un’Europa dove ciascuna e ciascuno possa trovare sé stesso, la propria identità, ed essere al sicuro. L’Italia e l’Europa di Ventotene e non solo, sognata da chi ha dato la vita per la nostra libertà.
Per questo oggi diciamo ancora una volta, con forza: Viva il 25 aprile! Viva Cento! Viva l’Italia libera!


