Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani vuole oggi ricordare la figura del giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla Camorra il 23 settembre del 1985. Siani è stato il simbolo della stampa militante, libera, coraggiosa e impegnata autenticamente nella difesa della legalità e ricerca della verità. Ai tempi di Siani, in una Napoli squassata da odi e ritorsioni camorristiche, vessata da guerre di clan come quella divampata tra Bardellino, esponenti della “Nuova Famiglia” di Raffaele Cutolo, e i Nuvoletta, affiliati ai Corleonesi di Totò Riina, consunta da pizzi e malversazioni, Siani c’era. Siani scriveva. Siani denunciava. Non gli fu perdonato un articolo in cui rivelava la delazione della famiglia Nuvoletta, finalizzata a consegnare allo Stato il boss Valentino Gionta, in cambio di una tregua con i Bardellino. Siani indagava sui finanziamenti del terremoto in Irpinia e sui rapporti tra politica e criminalità.
Le sue parole pesavano e chi leggeva i suoi articoli veniva informato sui terribili segreti della città. Non era protetto ed era consapevole dei rischi connessi alle sue attività investigative.
Le parole sono strumenti potentissimi: durano nel tempo e consentono anche a chi sembra fisicamente più debole di reagire e sopraffare colui che ricorre alla violenza fisica. Bisogna insegnare ai giovani che è fugace la “gloria” che si conquista tramite l’intimidazione, la paura, la sottomissione che vengono instillate nel prossimo mediante la brutalità. Sei un capo finché spari? No, la vera gloria è “colpire” i propri oppositori o i nemici della legalità con le parole, con gli ideali, con l’esempio di una condotta coerente, onesta, etica. Per questo non dimenticheremo mai Giancarlo Siani.
#ilSegnodiSiani