Discorso di Edoardo Accorsi al consiglio comunale di insediamento | 8-11-2021
Grazie Presidente,
soprattutto per l’opportunità, dopo aver giurato sulla Costituzione italiana, di poter condividere con tutte e tutti voi alcune riflessioni.
Innanzitutto saluto tutti i consiglieri comunali, gli assessori qui presenti, le autorità, la stampa e i nostri concittadini che stanno seguendo questa prima seduta di consiglio, chi dalla Sala Zarri adibita qui al Palazzo del Governatore e chi in streaming da casa. A tutte e tutti voi va un sincero saluto.
Quello di oggi è un consiglio comunale che, probabilmente più di tutti quelli che verranno, è investito di un importante valore simbolico. Lo è per tutti noi qui presenti come lo è per la Città che, da questa sera, conosce la propria nuova assemblea democraticamente eletta. Un’assemblea a cui spetta l’importante responsabilità di essere il principale organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo. Come spesso accade in questi momenti, simbolicamente molto significativi, il rischio è di dedicare lunghi discorsi pieni di parole ridondanti e il cui significato è difficile declinare in maniera pratica. Come ho fatto in questi giorni, durante le celebrazioni dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, tenterò in questi pochi minuti di tradurre al meglio questo valore simbolico in parole concrete.
Proprio per questo motivo ci tengo ad iniziare con alcuni importanti ringraziamenti. Prima di tutto un ringraziamento alle donne e agli uomini che da oggi ufficialmente ricoprono il ruolo di consiglieri comunali, un ringraziamente che si estende alle forze politiche che ciascuno di voi oggi qui rappresenta. Per essere qui questa sera ciascuno di voi ha dedicato almeno gli ultimi due mesi della propria vita per la nostra Cento: con idee, passione, competenza, spirito di sacrificio. La campagna elettorale ha rappresentato un importante momento di dibattito e confronto tra idee e visioni diverse ma che mai, fatto salvo un po’ di sana competizione, ha oltrepassato la linea del rispetto reciproco. Di confronto civile, nel merito, di responsabilità e serietà si nutrono le democrazie mature; per questo vi ringrazio. Un saluto particolare devo farlo ad uno di voi, mi rivolgo ad Alessandro Cortesi che abbiamo verificato essere stato il consigliere comunale più giovane della storia di questa istituzione. Un segnale bello, potente, che testimonia l’interesse e l’amore che i giovani, non certo tutti ma la maggior parte, rivolgono alla cosa pubblica. A te, Alessandro, l’onere in più di essere esempio a tutti cinquemila e più giovani della nostra Cento. Ritengo che sia opportuno ringraziare anche chi ha preceduto il nostro arrivo su questi banchi, i passati consiglieri comunali, di maggioranza e di opposizione, per aver lavorato con grande dedizione, serietà ed impegno nell’assolvere i compiti affidati a questo importante organo democratico. Ringrazio gli assessori che hanno accettato nei giorni scorsi di entrare a far parte della squadra di governo: accettare un impegno e una responsabilità di questa portata non è per nulla scontato, ancora di più in un periodo storico caratterizzato da sfide epocali da cui dipenderà, in parte, il futuro di ciascuno di noi. Estendo questo ringraziamento al personale del comune che già in questi pochi giorni ci ha dato dimostrazione di voler essere protagonista, con il proprio lavoro, del rilancio della nostra città. Proprio in queste ore sto organizzando il calendario di incontri a loro dedicato, uno dei primi impegni che avevo garantito e che voglio rispettare. Ringrazio il consigliere Fabrizio Toselli che mi ha preceduto in questo ruolo, tutte le persone che hanno composto la sua squadra di giunta che si sono messe a disposizione per garantire un corretto passaggio di consegne. L’ultimo ringraziamento a tutti i sindaci che mi hanno preceduto. Lyndon Johnson, ex Presidente degli Stati Uniti, la sintetizzò forse nella maniera migliore: “quando gli oneri della presidenza sembrano insolitamente gravi, rammento sempre a me stesso che potrebbero essere peggio. Potrei essere un sindaco”. In questa affermazione, ironica ma efficace, vi è tutto il senso dell’impegno che da venti giorni a questa parte ho con piacere assunto e che, appunto, prima di me hanno assunto altri. Ogni mattina, quando entro in ufficio o mi confronto con alcuni cittadini, sento forte la responsabilità del ruolo che mi è stato affidato.
Le ultime elezioni comunali hanno definito l’apertura di una fase nuova della vita politica centese. In questa direzione deve proseguire il nostro impegno: tenendo vivo il confronto politico, sì tra idee e visioni diverse, ma che superi le tensioni spesso vissute in questi ultimi mandati, in cui spesso si è anteposto al bene della città la contrapposizione ideologica. Il nostro agire deve orientarsi a ricostruire, ad unire, a tenere insieme, questo consiglio, la nostra azione, deve avere l’ambizione e l’obiettivo di rappresentare tutta la città, non un solo colore politico.
Dobbiamo impegnarci nel farlo perché questo è il compito a cui è oggi chiamata la politica. Questo è quello che legittimamente chiedono le cittadine ed i cittadini. Con ancora più forza ora, veniamo da tempi di grandi sofferenza e sacrifici ed i prossimi mesi saranno ugualmente molto difficili. La speranza è che la situazione pandemica diventi sempre più favorevole, cosa che potrà accadere solo se continueremo con forza a vaccinare la nostra popolazione e se, come cittadini, continueremo a comportarci come fatto sin d’ora con senso di responsabilità rispettando le regole. La pandemia ha lasciato ferite molto gravi nella nostra società. Anche se la maggior parte degli indicatori economici registrano segnali positivi la realtà ci dice che molte aziende, dalle più piccole alle più grandi, il commercio, gli artigiani, tutti versano in condizioni di difficoltà. Sempre più forte è il tema della salvaguardia del lavoro. Sono le stesse difficoltà condivise dal mondo culturale e dell’arte, dello sport, della scuola, della formazione. Le diseguaglianze economiche, sociali, culturali stanno diventando sempre più ampie anche nella nostra città. A noi, come istituzioni, il compito di prenderci cura di queste ferite, di impegnarci a curarle attraverso l’ascolto, il dialogo e il lavoro quotidiano.
Nel futuro però risiedono anche le opportunità, non solo le insidie. Una grande responsabilità alla quale saremo chiamati è anche quella di sfruttare l’unica occasione del PNRR da cui ci si aspettano importanti risorse, soprattutto legate al tema della salute e della trasformazione green. In questo senso dovremmo aprire Cento alle collaborazioni che si possono costruire con i comuni a noi vicini, Pieve di Cento, San Giovanni in Persiceto, Finale Emilia, e con le grandi città come Bologna, Ferrara e Modena. Queste relazioni istituzionali, comprese quelle con la Regione Emilia-Romagna, se rispettate e coltivate rappresentano per la nostra città un’importante risorsa sulla quale costruire le basi del rilancio economico, sociale e culturale.
Aprire le porte ed i confini al territorio circostante non è un segnale di debolezza, al contrario rappresenta per Cento un valore aggiunto. Aprirsi, farsi contaminare dalle buone pratiche, collaborare, al giorno d’oggi, significa generare opportunità che mai si potrebbero generare se si decidesse di camminare da soli. Proprio nella tragedia della pandemia, come quella vissuta durante il terremoto, abbiamo imparato questa lezione: insieme si è più forti e anche i fardelli più pesanti, se condivisi, possono essere sorretti.
Aprirsi significa anche lavorare insieme alle persone del nostro territorio: cittadini, organizzazioni economiche, rappresentanze datoriali, rappresentanze sindacali, in generale tutti coloro che decideranno di condividere insieme a noi, pur nel rispetto del ruolo di ciascuno, il governo della città.
Come ho detto all’inizio, e ormai starete imparando a conoscermi, credo tanto nel valore delle parole ma cerco sempre il più possibile di essere chiaro, breve e concreto. Per questo motivo concludo qui, con un’ultima considerazione, questo mio emozionato saluto iniziale. Il 4 novembre, durante la messa dedicata ai caduti delle guerre, Don Paolo ha citato un aneddoto raccontato da Papa Francesco durante una visita all’Avana nel 2015. Il papa ha ricordato che una volta era andato in visita in
un’area molto povera di Buenos Aires. Il parroco del quartiere gli aveva presentato un gruppo di giovani che stava costruendo alcuni locali: «Questo è l’architetto, è ebreo; questo è comunista, questo è cattolico praticante, questo è…». Commentò il papa: «Erano tutti diversi, ma tutti stavano lavorando insieme per il bene comune».
Ecco, senza scomodare nessuno, credo che questa debba essere l’attitudine, la postura, l’atteggiamento che ciascuna e ciascuno di noi deve assumere nell’approcciare questo percorso che da oggi iniziamo insieme. Siamo prima di tutti cittadine e cittadini, innamorati del nostro territorio da Cento alle frazione, anche delle sue fragilità e delle sue complessità, abbiamo davanti a noi sfide importanti da vincere non per noi stessi ma per la nostra comunità.
Assumiamoci l’onere e l’onore di queste responsabilità e vinceremo questa importante sfida. Grazie