Accanto al nome, al numero di telefono e alle altre classiche generalità ci sarà anche l’indirizzo, non solo quello di casa ma anche quello elettronico. Una cassetta postale telematica, destinata a mandare in pensione quella tradizionale, e che ha già un nome, «domicilio digitale». La novità è prevista dalla riforma Madia ma finora è rimasta bloccata, perché legata alla realizzazione dell’Anagrafe unica della popolazione, il mega database che sostituirà le singole realtà comunali. Il progetto ancora non è stato completato ma il governo ha deciso di non aspettare e di dare la possibilità a tutti i cittadini di eleggere un proprio recapito web, dove ricevere dalla Pubblica amministrazione e da chi svolge servizi pubblici documenti e notifiche, comprese multe e bollette. La svolta è stata inserita nel decreto correttivo del Codice dell’amministrazione digitale, che ha ricevuto il primo sì dal Consiglio dei ministri. Ora un giro parlamentare e di raccolta dei pareri per poi tornare a palazzo Chigi per il sì definitivo (entro tre mesi). Ma cos’è davvero il domicilio digitale e come funzionerà? Potrà sicuramente coincidere con la posta elettronica certificata, che però, finora è stata utilizzata per lo più da imprese e professionisti. Ma non ci si limiterà alla Pec, andrà bene qualsiasi canale telematico che rispetti le regole Ue in fatto di sicurezza. I vantaggi per i cittadini vanno dal risparmio di tempo, alla possibilità di utilizzare il domicilio digitale per tutte le comunicazioni con valore legale (anche con privati).La novità unita al cosiddetto Pin unico, lo Spid, dovrebbe permettere una gestione interamente online delle pratiche. Nella relazione tecnica al provvedimento vengono stimati anche vantaggi economici per la Pubblica amministrazione, con almeno 250 milioni l’anno grazie all’azzeramento delle spese postali. E poi spesso oggi la posta trasmessa via web si perde («Il 40% degli invii telematici effettuati dal responsabile della riscossione, lAgenzia Entrate-Riscossione, fallisce». Ovviamente però c’è da finanziare l’infrastruttura che sta alla base del domicilio digitale. Si tratta di un Indice, una sorta di portale, che sarà lanciato già nel 2017 per essere operativo nei primi mesi del 2018 ed entrare a regime nel 2019 (al costo di circa 400mila euro). Come si più immaginare per gli enti sarà un obbligo accettare un dialogo esclusivamente per via digitale, così come dovrà essere pronta alla moneta elettronica. Per il cittadino invece è tutto facoltativo. A proposito, il decreto rafforza anche le regole per i pagamenti online, le sanzioni per chi, abilitato a fornire servizi online, sgarra (da un massimo di 40mila euro si passa a 400mila). È stato poi deciso di istituire un unico Difensore civico per il digitale, invece di prevederne uno in ogni amministrazione.