Di Giuliano Monari
Claudio Ronco e «Carpediem»: Il medico vicentino che ha inventato una macchina per salvare i bambini è stato l’ospite e relatore di una splendida serata organizzata dal Lions Club di Cento. L’assemblea lionistica ha assistito, rapita, alla piccola ma intensa conferenza del professore vicentino che ha inventato «Carpediem»: un apparecchio in miniatura per la dialisi dei neonati che, “a causa del poco ‘interesse’ economico stante i pochi – fortunatamente – casi di neonati con gravissimi problemi renali, non rappresenta un ‘business’ per le grandi industrie biomedicali” e quindi, sul mercato, esistevano, fino all’introduzione della macchina di Ronco, solo apparecchiature adatte agli adulti, lasciando ben poche speranze ai piccoli nati con problemi gravi o gravissimi del filtro renale. Poi, riguardo alla scelta di rinunciare al brevetto: «Mica l’abbiamo costruita per fare soldi» – si affretta a dire il medico vicentino che ha inventato una macchina per salvare i bambini. E sull’onda di questa avventura lo scienziato ha scritto un libro: «Carpediem, un miracolo della tecnologia». «Carpediem». In linguaggio scientifico: Cardio-Renal Pediatric Dialysis Emergency Machine . In latino, come ricordano i lettori di Orazio, «ruba un giorno» al futuro. E con quello spirito partì la battaglia intorno alla culla di Lisa – protagonista del racconto -: l’obiettivo era di rubare un giorno e poi un altro e un altro ancora alla cattiva sorte che pareva non lasciare scampo alla piccola nata con una gravissima insufficienza renale. Praticamente condannata a morte certa. Scrive nella prefazione Umberto Veronesi: «Carpediem è un miracolo della tecnologia e della fusione di più discipline scientifiche allo scopo di realizzare il rene artificiale perfetto per i bambini neonati. Qualcosa che non c’era, qualcosa di cui vi era necessità, qualcosa che, per fare eco ai colleghi americani, cambierà il modo di fare medicina nei pazienti neonati con problemi renali». Il tutto grazie a un metodo: «Claudio ha realizzato quello che per anni è stato anche il mio sogno di medico», spiega il grande oncologo che nel 2000 fu anche ministro della Sanità, «e cioè mettere assieme in un’unica struttura l’assistenza, la didattica e la ricerca. L’assistenza dei pazienti con una buona dose di umanità affiancata alla forte vocazione tecnologica della disciplina nefrologica». Qust’uomo dalla ferrea volontà, si legge nella sua biografia, dopo aver fatto il giocatore di hockey, il chitarrista di un complesso rock, il costruttore di bob e un mucchio di altre cose, Ronco dimostra ora di sapere anche scrivere. E tiene insieme, con ritmo, tre racconti paralleli: la sua storia personale (prima notte da medico condotto, emozionatissimo, nel paese di Cornedo: un parto prematuro e un’appendicite acuta!), la storia della macchina e la storia di Lisa. Sempre con parole virtuosamente «facili». Un’arte imparata, giura, in America: «Non si trattava più di comunicare un concetto o una prognosi in “medichese”, ma di trasferirlo al paziente in “malatese”, ovvero in un linguaggio a lui comprensibile. Finalmente mi era chiaro il valore del comunicare e farsi capire… ». «Carpediem», spiega Ronco, non è stato brevettato: «Una scelta precisa. Non l’abbiamo costruita per fare soldi, quella macchina. C’è solo un impegno preso insieme con le aziende Medica e Bellco di Mirandola, nell’area modenese sconvolta dal terremoto, che lo producono. Ogni dieci macchinari venduti, uno viene donato a un ospedale pubblico». La bambina nata due volte, oggi, sta bene. Comincia a parlare. La mamma, quando le parla dell’uomo col camice bianco, lo chiama «zio Claudio».