Di Giuliano Monari
Il Lions Club di Cento presieduto da Davide Mattioli si è ritrovato all’Hotel Europa di Cento per festeggiare San Martino con una proposta tutta ispirata ai gusti di D’Annunzio. Durante la serata, infatti, è stato presentato il libro ‘La cuoca di D’Annunzio’ di Donatella Milani e Maddalena Santeroni. Una serata di grande qualità – come ci ha abituati Mattioli fin dalla sua ‘apertura d’annata lionistica’ – in pieno stile Lions, in un clima di cordialità e raffinata cultura. Sono emerse molte curiosità dalle parole della scrittrice riguardo l’interessantissima vita di Gabriele D’Annunzio. Una vita – come la stessa Maddalena Santeroni ha tenuto a sottolineare – “che merita di essere indagata e studiata come non è mai stato fatto” a causa dell’ostracismo che scuola e Media hanno relegato il ‘Vate’ ad un personaggio di serie ‘B’, valido solo per le sue lettere d’amore e per poco altro. Personaggio originale e scomodo per i ‘benpensanti’ dell’epoca che ha inventato, tanto per fare un esempio, gli spot pubblicitari. Ma anche molto altro. Poi c’è il libro, che si “legge” in un’ora e mezza” ha detto la scrittrice, ma che merita di essere letto e che deve stimolare l’approfondimento della vita di un uomo di cui si conosce poco. Il menu della serata, tutto all’insegna delle prelibatezze di cui il Vate non poteva fare a meno, ha riportato i convenuti nell’atmosfera dannunziana attraverso i gusti che tanto amava.
Per quasi vent’anni Gabriele d’Annunzio comunicò con la sua cuoca per mezzo di una miriade di piccoli biglietti, inviati a ogni ora del giorno e della notte. Messaggi maliziosi, coloriti e affettuosi, indirizzati da d’Annunzio (o meglio dal “Padre Priore”, come spesso il poeta, nell’insolita corrispondenza, amava firmarsi) alla fedelissima Albina Lucarelli Becevello, alias “Suor Intingola”: l’unica donna con cui d’Annunzio visse in assoluta sintonia – e castità – dagli anni veneziani al buen retiro finale nello splendido Vittoriale di Gardone Riviera. Sono decine e decine i biglietti per Albina a cui il Vate ha affidato, in ogni momento della giornata, le sue imprevedibili richieste culinarie: costolette di vitello e frittata, cannelloni e patatine fritte, pernice fredda, biscotti e cioccolata, ma soprattutto uova sode, sicuramente l’alimento preferito da d’Annunzio, che ne andava così ghiotto da paragonarne gli effetti a quelli di una “estasi divina”. Salutista attentissimo alla forma fisica, oltre che raffinato gourmet – molto interessato alla genuinità e alla freschezza delle materie prime, ma anche a valorizzare, con intuizione estremamente moderna, i prodotti locali –, d’Annunzio alternava infatti giorni di digiuno quasi completo a scorpacciate disordinate e compulsive, spesso provocate dall’arrivo di qualche amante. Erano quelli i momenti in cui il poeta si sbizzarriva maggiormente in dettagliate disposizioni culinarie, con modi ora scherzosi e poetici ora più perentori, indirizzate alla fidata “Suor Intingola”, sempre pronta a preparare sul momento elaborati menù in cui eros e cibo si combinavano in un sodalizio perfetto: ricette sorprendenti, accostamenti sontuosi e ricercati, inventivi abbinamenti anche cromatici. A casa d’Annunzio perfino il cibo infatti «diventava fonte di piacere, di coinvolgimento emotivo, di seduzione, di bellezza», come scrive Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani, nelle prime pagine di questo libro “saporito”, ricco e composito quanto una tavola imbandita, che, con vero spirito dannunziano, può essere letto anche come un originalissimo manuale di seduzione culinaria.