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Confronto con i candidati a sindaco di Bologna su autonomia differenziata

DiFONTE COMUNICATO STAMPA

Set 24, 2021

Il 3 e 4 ottobre prossimi in Emilia-Romagna andranno al voto 48 Comuni su 330, tra cui i Comuni capoluogo di Provincia di Ravenna e di Rimini, e con essi anche la Città Metropolitana di Bologna.
Sarà non solo un importantissimo pronunciamento elettorale per la Regione E.R. e l’Italia, ma anche un’importante occasione per discutere con il corpo elettorale del rapporto tra Comuni e Città Metropolitane, tra cui Bologna (!), ed autonomia regionale differenziata, ex 3 comma art. 116 della Cost. Sarà anche una occasione per opporvisi, prima che sia troppo tardi, visto che il Governo Draghi e la Ministra Gelmini hanno previsto di far adottare al Parlamento, nel collegato alla prossima legge di Bilancio 2022, una legge che ne regoli le modalità di richiesta.
Purtroppo, la nostra regione, con Veneto e Lombardia (!), ha già chiesto l’autonomia differenziata nel 2018 e, con le stesse regioni, continua a volerla chiedere anche dopo la tragica esperienza del Covid-19.
Lo scorso giugno 2021, infatti, una mozione congiunta di PD, Lista Bonaccini, Lega, FdI e Forza Italia ha impegnato la Giunta R.E.R. alla ricostruzione di una nuova delegazione trattante con il governo ed alla trasmissione all’Assemblea R.E.R. dello schema di intesa con il Governo sull’adozione dell’autonomia differenziata!
Così si spaccherebbe l’Italia in 20 regioni/repubblichette autonome differenziate, apparentemente a diverso grado di ricchezza, in realtà tutte, ad incrementato tasso di diseguaglianze socio-economiche.
Con l’autonomia differenziata, infatti, si conferirebbe alle Regioni, che l’attuale sistema elettorale fa gestire da un “eletto dal popolo”, non dal Consiglio regionale come segnala allarmata anche l’ANPI nel suo documento congressuale, la facoltà legislativa esclusiva su 23 materie, dalla sanità all’istruzione, dall’ambiente al territorio ed ai trasporti, dal sistema bancario regionale ai servizi per il lavoro sottraendola alla competenza legislativa concorrente del Parlamento, L’Italia, e ciascuna regione, Emilia-Romagna compresa (!), sarebbe più debole nell’affrontare i problemi del paese.


Ma c’entrano i Comuni e la Città Metropolitana di Bologna? SI.
In primo luogo, sarebbe un disastro per i servizi pubblici dei Comuni e della Città Metropolitana di Bologna. Nel contesto delle attuali politiche neoliberali di riduzione della spesa pubblica, di privatizzazione, dei cosiddetti “Federalismo fiscale”, “Residuo Fiscale” e “vincoli di finanza pubblica per gli enti locali”, senza l’intervento finanziario dello stato centrale e del suo bilancio, come l’autonomia differenziata prevede, sarebbero ancor meno perseguibili o perseguibili solo a costo dell’aumento dei “tributi e delle entrate proprie” dei Comuni e delle Città Metropolitane tutte le funzioni che gli art.118 e 119 Cost. attribuiscono loro.
Infatti, l’art. 3 del T.U.E.L. (Testo Unico Enti Locali), in attuazione degli artt.118 e 119 della Cost., attribuisce loro non solo autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa e autonomia impositiva e finanziaria ma anche la titolarità delle funzioni che gli sono conferite con legge statale o regionale e tutte le funzioni amministrative che riguardano popolazione e territorio comunali, in primo luogo nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico: proprio le materie previste dall’autonomia regionale differenziata.


In secondo luogo, se raggiungesse il varo parlamentare divenendo legge, l’autonomia differenziata comporterebbe una sorta di centralismo regionale rafforzato e incondizionato a cui gli altri Enti locali, Comuni, Città Metropolitane e Province, per quel che ne rimane, dovranno sottostare. La Regione, rafforzata nei suoi poteri legislativi, procederebbe per deleghe (che verranno conferite o revocate secondo autonome valutazioni politiche) ai Comuni ed agli altri Enti territoriali.
Il rischio, tutt’altro che remoto, e già oggi realtà, è che Comuni e Città Metropolitane non essere riconosciuti – o essere riconosciuti parzialmente – come sede di elaborazione di progetti e conseguente gestione delle politiche attuative ed essere, invece, relegati al ruolo di Enti di esecuzione di progetti, calati dall’alto esclusivamente nella fase attuativa delle politiche statali e regionali normalmente di esternalizzazione/privatizzazione dei servizi pubblici di loro competenza, e senza aggiunta di risorse economiche e di personale per il pubblico.


In sostanza, più la Regione estenderà il suo potere legislativo, più si ridurrà l’autonomia amministrativa degli Enti locali e verrà compromessa la discrezionalità amministrativa nelle scelte che, sola, individua sul territorio le esigenze prioritarie dei cittadini e può meglio regolare l’esercizio dei diritti di cui sono portatori.
Un esempio estremamente significativo che è già dato di realtà: la Legge urbanistica dell’Emilia-Romagna n 24/2017 che va ad incidere, comprimendolo, il potere dei Comuni di regolare il settore taglia le previsioni urbanistiche già approvate all’interno dei piani urbanistici intervenendo sui criteri di rigenerazione urbana e di utilizzo/limitazione di suolo, prevede e consente accordi operativi diretti a derogare al piano urbanistico generale, così in sostanza esautorando l’Ente pubblico territoriale nella precettività e nella programmazione. I Sindaci vengono lasciati soli a doversi confrontare e contrattare anche con poteri economici prepotenti e preponderanti rispetto alle scarse risorse pubbliche ed ai ridotti tempi di risposta e poteri.
Come portare avanti una negoziazione utile per l’interesse pubblico praticamente senza poteri ed evitare che il suolo divenga merce di scambio, in una tale situazione di inferiorità? Immaginiamo quello che potrebbe essere il ruolo di Comuni e Città Metropolitane nella programmazione in sanità e della sua dimensione “pubblica”, l’unica controllabile anche dai Comuni.
Ad esempio, l’Emilia-Romagna, così come Veneto, Lombardia, nella sua richiesta di autonomia differenziata ha previsto, “l’istituzione e la gestione di fondi sanitari integrativi”, quindi la costituzione di “mutue regionali”, accessibili solo a chi ha mezzi per sottoscrivere/pagare le relative polizze e fuori dal controllo dei Comuni esercitabile solo sui servizi pubblici, ma sotto il controllo contrattualizzato delle grandi compagnie assicurative di seconda istanza.
E’ questo che serve ai Comuni e le Città Metropolitane in piena quarta ondata della sindemia Covid-19?
E che ne sarebbe di Comuni e Città Metropolitane per le loro competenze gli interventi edilizi, ma anche per il diritto allo studio e la progettualità della programmazione scolastica?
Ed ancora che ne sarebbe dei loro margini di intervento nella gestione dei fondi del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza che il governo va pubblicizzando, certamente insufficienti a risolvere i problemi pluriennali che il taglio dei trasferimenti a Comuni e Città Metropolitane ha comportato per le politiche di ”austerity”, ma comunque meglio di niente’?


In terzo luogo, un ulteriore aspetto: “Sentiti gli Enti Locali” (Comuni e Città Metropolitane) recita il 3°comma art.116 Cost. che prevede la possibilità, non l’obbligo, della concessione di autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario.
Finora costoro sono stati esclusi dal dibattito politico istituzionale né si sono opposti, se si fa eccezione per qualche flebile e debole distinguo dei sindaci di alcune Città Metropolitane, non di quella di Bologna! Non sono stati “sentiti”, né in Veneto e Lombardia che in alternativa hanno preso la scorciatoia dei referendum regionali, né in Emilia-Romagna, che ha spacciato per consultazione dei Comuni la consultazione dell’ANCI, organo tecnico di rappresentante legale delle amministrazioni comunali non certo vicariante il pronunciamento di Sindaci e Consigli Comunali.
Ebbene facciamoli “sentire” questi Comuni dell’Emilia-Romagna e la Città Metropolitana di Bologna, e facciamoli sentire subito nella campagna elettorale e con il voto.

Le elettrici e gli elettori esigano, e chi è candidata/o Sindaco o Consigliere Comunale si impegni, nell’interesse dei cittadini che si propone di amministrare e rappresentare ed a salvaguardia del suo proprio ruolo futuro a:
➢ Sottoscrivere la Petizione Popolare per il ritiro della richiesta di Autonomia Differenziata della Regione-Emilia-Romagna avanzata nel 2018 (https://forms.gle/uD7j4GQCvRjUJ1T2A);
➢ A promuovere in campagna elettorale e se eletto il NO al Regionalismo Differenziata.

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