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LETTERA AL DIRETTORE: “Serve più informazione e meno allarmismo sul Coronavirus”

DiGiuliano Monari

Mar 7, 2020

Ci vorrebbe più informazione per i medici, per i operatori sanitari e meno allarmismo da parte della televisione e dei giornalisti. sono un operatore del soccorso e lavoro in emergenza e urgenza. Vorrei segnalare la seguente cosa: Da giorni diversi medici di famiglia attivano il sistema del soccorso sanitario e attivano direttamente procedure senza prima visitare il paziente e capire se è una banale influenza o ci sono veramente i requisiti per un covic19 Adesso tutte le persone che hanno un po’ di influenza hanno il covic19… quindi in poche parole siamo tutti contagiati da questo virus. Il Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS), però non è da classificare alla banale influenza. Il contagio avviene se si viene in contatto con una persona già contagiata Se il soggetto malato non è in fase sintomatica o se il contatto avviene con una persona che non è stata nelle zone più a rischio, non si viene contagiati. Il consiglio che voglio dare alla cittadina e di stare tranquilli anche se viviamo in questo momento di panico. E di chiamare il vostro medico di famiglia e insistere con il vostro medico di famiglia per una valutazione e sopratutto i medici di famiglia devono valutare i casi e sapere distinguere una persona da una banale influenza a un coronavirus e non dire alla signora o attivare come è già successo direttamente il 118 per un sospetto. Da giorni vado su pazienti spaventati che hanno un po’ di influenza normale per il periodo e riferiscono che hanno contattato il loro medico di famiglia il quale senza essere visitati, gli avrebbe detto di chiamare il numero verde o il 118 subito e di andare in pronto soccorso per un tampone. Innanzitutto i tamponi non vengono fatti così a caso. E ribadisco che i medici di famiglia hanno obbligo di visitare le persone. I medici hanno obbligo di visitare i propri assistiti, e se non vogliono che i propri assistiti vanno nel loro ambulatorio, si devono recare a domicilio della persona. Nel caso in cui il medico si rifiuti di visitare il paziente presso la sua abitazione, nonostante la non trasferibilità, oppure in questo caso la non trasferibilità si definisce che il medico riferisca non venga in ambulatorio, vengo io a domicilio per sicurezza anche per gli altri assistiti che sono in sala d attesa quindi l’urgenza della condizione di salute del malato, scatta il reato di “omissione di atti di ufficio” e può essere denunciato. Se, infatti, il medico valuta in modo non corretto la situazione, e non visita il paziente ne risponde penalmente, anche nei casi in cui il paziente è ricoverato in una casa di cura. Il reato scatta a prescindere dalle conseguenze sullo stato di salute del paziente, in quanto la denuncia può essere presentata anche solo per aver esposto il paziente ad un pericolo serio. Assumono quindi un’importanza fondamentale le informazioni che il paziente per telefono riceve dal proprio medico. il mio consiglio è di segnalare visto che viviamo in questo momento delicato i medici che si rifiutano di visitare i propri assistiti e scaricano la palla al sistema di emergenza e urgenza attivato anche procedure alcune volte molto grosse. I medici di famiglia devono ascoltare, consigliare, curare i propri pazienti, Il rapporto con il medico di base è basato sulla fiducia reciproca. Il medico di base deve essere disponibile in base ai suoi giorni e orari. Quando non c’erano i cellulari, i medici avevano l’obbligo di essere disponibili telefonicamente dalle 8 alle 10 del mattino. «Oggi sono molto più flessibili e sempre disponibili. Un medico che risponde sempre al telefono tranquillizza i suoi assistiti e spesso evita lunghe code in ambulatorio o accessi inutili al pronto soccorso. Vorrei segnalare un caso di ieri. Arriva un ambulanza per caso sospetto di coronavirus, panico in camera calda con urla verso noi operatori di emergenza. E urgenza. Lavoro nel settore di emergenza e urgenza e sulle ambulanze, ieri la centrale del 118 ci ha attivato per un sospetto covid19 e abbiamo seguito tutte le procedure che ci ha fornito la centrale operativa e abbiamo seguito il nostro protocollo, siamo arrivati a casa della signora con tutte le protezioni del caso, la signora riferiva che aveva avuto febbre nei giorni precedenti, e aveva contattato il loro medico di famiglia, il quale il loro medico di famiglia gli avrebbe detto che potrebbe esserci un sospetto di coronavirus e di indossare la mascherina e di non uscire dalla abitazione fino al arrivò della ambulanza, il medico ha contattato il sistema di emergenza urgenza attivando tutto un protocollo per questi casi. Una volta che noi operatori di emergenza e urgenza siamo arrivati a domicilio. La signora era in perfette condizioni di salute, ovviamente spaventata e anche i familiari spaventati. Però abbiamo dato supporto psicologico a tutti e abbiamo continuato a seguire il protocollo della co per una tutela. Nel tragitto provo a contattare diverse volte il pronto soccorso del policlinico e non ricevo risposta dopo 10 minuti finalmente riesco a parlare con il medico di guardia del policlinico dove gli spiego la situazione, una volta arrivati in pronto soccorso in camera calda veniamo aggrediti da personale medico e infermieristico davanti alla paziente che trasportavano e anche ai famigliari. Dicendo che dovevamo andare alle malattie infettive e non passare dal pronto soccorso. Richiamo la centrale unico nostro punto di riferimento, e faccio parlare direttamente con il medico del Pronto soccorso, dopo circa 10 minuti di discussione e dove tenevano occupata una ambulanza di emergenza e urgenza decidono di fare entrare la signora al pronto soccorso. Sempre mentre aspettavamo ogni ambulanza che entrava in pronto soccorso gli infermieri erano agitati e preoccupati e dicevano che era sempre un caso di coronavirus. Penso che ci vuole anche informazione e sopratutto corsi di formazione per operatori sanitari. Perché queste situazioni non devono succedere in un punto di primo soccorso Voglio citare il giuramento di ippocrate: – di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute. – di perseguire con la persona assistita una relazione di cura fondata sulla fiducia e sul rispetto dei valori e dei diritti di ciascuno e su un’informazione, preliminare al consenso, comprensibile e completa; Chiedo al direttore del pronto soccorso di Modena di indagare ciò che è successo ieri al pronto soccorso perché questo cose non devono assolutamente succedere sopratutto mettere in difficoltà un equipaggio di emergenza e urgenza e tenere bloccata una ambulanza di emergenza con il paziente a bordo. Ribadisco Tutti i sintomi parainfluenzali come tosse, raffreddore e congiuntivite, non devono allarmare perché siamo ancora nella stagione influenzale e quindi rientrano nella norma. Quello che conta è la storia se vive in una zona rossa o gialla o se hanno avuto un contatto con persone di quelle aree, è ovvio che quei sintomi hanno un peso diverso. Per prima cosa bisogna verificare se negli ultimi 15-20 giorni si è stati a contatto con qualcuno che viene dalle zone rosse o da quelle gialle. In caso negativo, non c’è da preoccuparsi perché con ogni probabilità si tratta di semplice influenza o sintomi allergici. Se, invece, il contatto c’è stato ma la persona al di là dei sintomi si sente bene, non c’è motivo di allarmarsi. Bisogna, però, allertare il medico che farà una valutazione clinica ponendo delle domande che servono a inquadrare meglio la sintomatologia. Se lo ritiene opportuno, il medico segnala il caso al Servizio di igiene e sanità della Asl che valuterà insieme al centro di riferimento regionale se e quando fare il tampone. Sulla base della gravità dei sintomi, vengono date delle indicazioni comportamentali e nei casi sospetti si raccomanda di restare a casa fino a quando non viene fatto il tampone”.

Daniel Muzzarelli

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