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Premio internazionale Daniele Po a Giuliana Lohar per la “lotta contro le disuguaglianze e le ingiustizie”

DiGiuliano Monari

Ott 18, 2019


Venerdì 18 ottobre Giuliana Lohar, un’attivista indiana, ha incontrato i ragazzi dell’IIS “F.lli Taddia” per parlare di un fenomeno purtroppo molto diffuso nel suo paese e che da anni sta cercando di combattere: il fenomeno delle spose bambine e delle schiave sessuali. Proprio grazie al suo impegno ha ricevuto, per mano di Nedda Alberghini Po, il Premio internazionale Daniele Po, giunto alla sua XIII edizione. Nedda, appassionata e instancabile, è da anni impegnata a far conoscere il lavoro svolto da donne che quotidianamente si battono per sconfiggere disuguaglianze e ingiustizie. In particolare, Giuliana Lohar combatte per far sì che le bambine in India possano avere un’infanzia e un’adolescenza come tutte le altre bambine del mondo, e non debbano subire quello che da 1500 anni, nonostante sia illegale, vige soprattutto nel sud del paese: la Devadasi. Il termine indiano significa Ancelle di Dio: un’antica pratica religiosa che prevede la vendita di bambine delle caste inferiori ai templi come danzatrici sacre, ma in realtà avviate alla prostituzione, rubando loro sogni e futuro. Si stima che oggi siano più di 80.000 le Devadasi, tutte poverissime e analfabete, che si passano lo stigma di generazione in generazione. Queste ragazze sono sfruttate, isolate e abusate: sognano di avere una famiglia e dei figli ma il loro segno distintivo, una collana di perle rosse e bianche chiamata Mutt (cane bastardo), le condanna a una vita di separatezza e discriminazione.

Giuliana nel 2002 ha cominciato a lavorare, insieme all’associazione Arz con sede a Goa, nell’area a luci rosse di Baina, per combattere il fenomeno della prostituzione minorile. Si cerca di sensibilizzare le famiglie e convincerle a non cedere le proprie bambine, gesto frutto di povertà e ignoranza, proponendo progetti educativi e di reinserimento sociale, come l’accesso al micocredito. In questo modo le ragazze possono crearsi un’indipendenza economica, unica possibilità per raggiungere le la loro dignità.

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