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CENTO: sold-out al Carnevale – terza domenica da incorniciare

DiBenedetto Bramante

Feb 13, 2018

Di Benedetto Bramante – Il Carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea della verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si opponeva ad ogni perpetuazione, ad ogni carattere definitivo e ad ogni fine. Così spiegava Michael Bachtin, filosofo russo, critico letterario e grande interpretatore del Carnevale e del ruolo di questa festa nella cultura popolare
Buttare la propria vita all’aria e poi vederla cadere come coriandoli colorati. Crescere, tornando indietro all’irragionevole stupore. Come lo stupore dei bambini, del quale ha cantato e continua essere portavoce Giuseppe Povia, ospite speciale sul carro del Risveglio, che ha intonato, accompagnato dalla folla, “I bambini fanno ohh”, in piena sinfonia con l’intento profondo della Associazione Carnevalesca Risveglio. Un impegno grande, prendersi cura dei piccoli. Ma tornando agli adulti… ai ‘Grandi’: un tempo miravano al monumento in piazza (all’erezione ‘statuaria’ della propria effigie). Oggi, la loro vis democratica li porta in strada, tra la gente, on the road: ad un contatto onesto goliardico gioviale. – Oggi anelano a una colossale sagoma di cartapesta sui carri di Carnevale.
È uno scendere a contatto con la realtà e non con la velata patina dorata di cui spesso vivono.. è stata pertanto simpatica la apparizione di Antonio Razzi, controverso politico italiano, che rappresenta con fare quasi bonario la maschera genuina della politica italiana attuale.
Per capire bene cosa è il Carnevale a Cento bisogna avere la fortuna di guardare la piazza da un terrazzo che vi si affacci sopra… solo da li si può vedere il trionfo del Tempo, scandito da mille mani alzate, dal ballo di un bimbo, da una gittata di coriandoli, da un applauso rivolto al palco.
E niente è congiunto all’essere umano quanto una maschera, poiché “L’ uso, comune a tutte le lingue europee, della parola persona per indicare l’individuo umano è, senza saperlo, pertinente: persona significa, infatti, la maschera di un attore, e in verità nessuno si fa vedere com’è; ognuno, invece, porta una maschera e recita una parte.”