La conferma della condanna in primo grado per i due brutali e barbari assassini di Cloe Govoni è un atto di giustizia.
Nulla potrà però lenire una ferita che è ancora molto viva nel cuore e nella mente dell’intera Comunità centese.
Impossibile dimenticare i sentimenti di quei giorni.
Lo shock all’apprendere quanto era avvenuto.
La drammatica sensazione provata all’arrivo sul luogo di tanta crudeltà e violenza.
Il peso di vedere il dolore negli occhi del figlio e della famiglia tutta. Il senso di impotenza. La determinazione a reagire.
Poi la consapevolezza che la ferita prodotta era profonda e inattesa. Che la fiducia nel sistema stava subendo un duro colpo.
Tempestivo, professionale e sicuro il lavoro dell’Arma dei Carabinieri.
Forte la risposta dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, in un incontro privato, si è informato direttamente dalle istituzioni cittadine sui sentimenti della Comunità centese ed ha espresso la vicinanza Sua e delle Istituzioni.
Poi il drammatico “circo mediatico”, “sale” gettato sulla ferita. Spesso con toni di pura speculazione giornalistica.
In quei giorni l’Italia ha saputo esprimere il meglio (con la grande solidarietà arrivata da tutta la Penisola) ma anche il peggio di sé (con servizi tv e stampa che sembravano dimenticare che dietro al caso mediatico c’erano famiglie, dolori veri, vera paura, concreta rabbia).
Con il duplice arresto (molto tempestivo) è finita la paura ma non la consapevolezza che quel “fulmine” aveva colpito il nostro territorio lasciando un segno permanente.
La decisione di costituire il Comune “parte civile”, accanto alla famiglia, per rappresentare un ulteriore abbraccio alla famiglia Govoni e i sentimenti di una Città ferita, è stata giusta.
Positive le condanne, in primo e secondo grado.
Resta la consapevolezza di ciò che purtroppo è stato chiaro da subito: la giustizia non può colmare un grande vuoto. Il vuoto lasciato da una persona che era amata e considerata.
Che era un pezzo della famiglia centese.