di Giulia Borgioli
Lo scorso 9 marzo, durante la riunione del Tavolo provinciale istituzionale, l’amministratore delegato dell’attuale Manifattura Bonzagni ed il curatore fallimentare, avevano manifestato di fronte al Presidente della Provincia, Tiziano Tagliani, la volontà di ricercare una soluzione che potesse portare ad una transazione fra la Manifatture Bonzagni MB, ormai fallita, e la nuova azienda Manifatture Bonzagni Srl. Eppure, ad una settimana precisa dalla convocazione di tutte le parti coinvolte nella difficile situazione della grande azienda di Dosso produttrice di imballaggi, per cercare di trovare la miglior soluzione da adottare e soprattutto per evitare la chiusura dell’impianto in modo da salvaguardare trenta posti di lavoro, “ad oggi non c’è stato nessun concreto rapporto per ricercare l’intesa e salvare quei posti di lavoro”, denunciano i lavoratori dell’azienda insieme alla Femca Cisl di Ferrara.
“Sembra chiaro, a questo punto, che dietro a questa situazione incresciosa, ci siano “interessi esterni” che stanno fortemente ostacolando questa possibile e necessaria trattativa. Come sindacato e lavoratori – si legge nel comunicato stampa – ribadiamo che non vogliamo sposare nessuna delle due posizioni in contrapposizione fra di loro, ma ribadiamo che la nuova Manifatture Bonzagni debba assolutamente assumere una costruttività di offerta per andare incontro a quanto richiesto dalla Curatela, e che quest’ultima assuma come priorità, oltre a quanto giustamente previsto dalla legge nel tutelare i creditori, il giusto equilibrio nel consentire anche la continuità dell’attività produttiva di una azienda che in oltre due anni ha visto una conferma economica e di sostenibilità per l’occupazione. Non vogliamo che, alla fine, per rigidità preconcette, i “contendenti” rimangano entrambi con il “cerino in mano” e che quelli che ci rimetteranno sostanzialmente … siano in primis i Lavoratori. Sbalorditivo che inoltre NON si stia “parlando” di milioni ma bensì, di poche centinaia di migliaia di euro di differenza fra “domanda e offerta”. Ecco perché viene forte il sospetto che l’attuale situazione sia ancora figlia delle motivazioni che hanno portato al fallimento della vecchia società, come se ci trovassimo di fronte ad una “resa dei conti” che si trascina da almeno tre anni.
Quando un’azienda è “decotta”, come sindacato e Lavoratori, pur manifestando contrarietà, alla fine “alziamo le mani”. Ma così non può essere quando “si vuole” far chiudere un’azienda per ben “atre ragioni”. MANIFESTEREMO sino all’ultimo, non e’ possibile che in una società civile si possa consentire che per “interessi” che non guardano al mondo del lavoro, ma solo a faide e convenienze di parte, si permetta la chiusura di un’azienda “sana” che anche grazie all’impegno di tutti i suoi lavoratori, in questi due anni è ancora viva e presente sul mercato.”