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Omelia di S. E. Mons. Matteo Zuppi: Messa della Notte di Natale

DiGiuliano Monari

Dic 24, 2018

IN EMBARGO FINO ALLE ORE 23 DEL 24 DICEMBRE

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. Cielo e terra finalmente uniti. Natale non smetterà di stupirci per l’amore che rivela: Dio, il più grande, si consegna interamente agli uomini. Non è una pausa di buoni sentimenti in un tempo incattivito e duro, segnato da aggressività di uomini che sprigionano scintille di giudizi che se non spente possono causare incendi pericolosi e ferite profondissime! Natale non evita le difficoltà della vita vera. Anzi, ci sveglia dal sonno dell’indifferenza e possiamo viverlo solo scendendo con Dio nell’umile realtà della vita. E’ Vangelo, non narcotico. E’ luce nelle tenebre, non fuga in un mondo che non esiste. Avviene in uno sconvolgimento della vita ordinaria causato dal decreto di colui che era ritenuto Dio e che disponeva della vita degli uomini, Augusto. Le cose grandi sembrerebbero le sue, non quelle di un bambino figlio di un uomo e una donna costretti a mettersi in cammino dalla loro casa per andare a farsi censire. Anche noi viviamo in un tempo di tanta incertezza, disorientati adoratori di un benessere che non mantiene le promesse, impauriti del futuro perché abbiamo nel cuore poca speranza, ridotta ad illusione o vago ottimismo. Natale ci spinge a metterci in cammino con Maria e Giuseppe. Essi non si fanno condizionare dalle avversità; non diventano vittimisti, capaci solo di lamentarsi, come quei profeti di sventura, “sebbene accesi di zelo per la religione”, che non sono capaci di vedere altro che rovine e guai, “che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo” e non credono nei “misteriosi piani della Divina Provvidenza” che con sapienza dispone, “anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa”. Maria e Giuseppe non si fanno dominare dalla rabbia e con questa giustificano l’aggressività e il rozzo pensare a sé. Essi affrontano l’insicurezza, i rischi, la fatica, l’amarezza di non trovare un posto per loro, l’umiliazione di essere costretti fuori; non evitano i problemi; si sacrificano e non salvano se stessi perché hanno la forza che vince la paura. Infatti essi ascoltano e mettono in pratica la Parola che l’angelo aveva rivolto loro. La forza viene dalla Parola che si fa carne. La forza è l’amore per quel bambino che l’angelo aveva loro affidato. Padre, madre, fratello, sorella di Gesù non sono quelli che sanno dire “Signore Signore”, magari con cura ossessiva per la corretta forma, ma non lo conoscono perché osservano le regole ma non il suo amore. Familiari di Gesù non sono coloro che pensano di difenderlo rendendolo una legge, ma chi ascolta e mette in pratica la Parola e accoglie il Verbo che si è fatto carne, storia, presenza. Questa è la gioia del Natale.

Questa notte la comprendiamo solo con l’intelligenza dei bambini, perché questo bambino ci rende figli, come siamo. Essi non capiscono meno, ma di più. Come bambini non abbiamo le risposte per tutto, ma accogliamo Colui che è il senso di tutto. Siamo semplicemente amati da Dio e ci commuove la sua tenerezza così eloquente in questa notte santa che ci rende santi non per le nostre presunte perfezioni ma solo perché suoi! Quanta gioia gli dobbiamo per l’amore che ci mostra, dal quale non dobbiamo difenderci, che non meritiamo e che scioglie le nostre diffidenze e i grumi del nostro peccato. Il suo è un amore benigno, che cerca il bene e non è prigioniero del male. Non disprezziamolo giudicandolo troppo poco per il mondo! Gesù bambino è Dio che ci cerca e dal quale possiamo non scappare più come fece Adamo, peccatori come siamo, perché non si vergogna della nostra umanità e ci rende di nuovo come è Lui. Siamo “sotto il cono della sua luce, illuminati dall’effusione dei suoi raggi, che ci scrutano per metterci davanti a lui, proprio perché Gesù è venuto per volerci bene”, diceva San Paolo VI. E’ venuto non per chiedere, ma per dare. E’ venuto per essere pane e nutrimento dell’uomo; è venuto per amarci e essere riamato, per chiederci la nostra persona, la nostra anima, non per rubarcela, non per renderci schiavi, “non per farci perdere come oggi si dice con linguaggio solenne la nostra personalità, ma per darci invece una felicità completa”. Come resistere davanti a un amore così? Questa notte troviamo pace e gioia vere, quelle che ogni uomo e il mondo intero cerca con ansia. Ci è tanto necessario un Natale vero, perché abbiamo sete di speranza, sgomenti per la capacità degli uomini di fare il male e di diventarne complici, inquieti nel vedere come si possono perdere i sentimenti di umanità, tanto da cercare quello che divide e, incredibilmente, mettere da parte quello che unisce!

Andiamo anche noi a Betlemme. I pastori, ignoranti e poveri come erano, ascoltarono le parole degli angeli e si misero in cammino. Era buio. E’ di notte che bisogna credere alla luce! L’amore non lo troviamo nelle soluzioni luccicanti, che si impongono da sole, che crediamo definitive e vogliamo poco impegnative. I pastori andarono senza indugio. C’è fretta di trovare la luce. Chi è nel buio sa quanto è importante la luce! Betlemme la troviamo dov’è Maria e Giuseppe, la sua famiglia, la sua comunità che lo genera nel mondo. E’ una madre che non corre dietro le mode del mondo, eppure parla a tutti i cuori nella lingua che tutti comprendono quella del bambino che nasce. Non umiliamola con il nostro orgoglio, con la freddezza, con la presunzione delle nostre verità, disprezzandola con le divisioni o lasciandola sola. Rendiamola forte con la nostra santità perché in ogni comunità, piccola o grande, tanti possano vedere la luce che libera dall’ombra di morte, il sole che illumina le tenebre, Cristo.

La Betlemme spirituale e umana della Chiesa ci spinge verso quella ugualmente spirituale e umana dei fratelli più piccoli di Gesù, i poveri. Non la troviamo lontano da noi ma in ogni luogo segnato dalla solitudine, povero di umanità. Betlemme la troviamo in un letto di sofferenza dove molti sono contenuti, lasciati troppo soli da uomini che non hanno tempo per loro e scappano perché la debolezza mette paura. Betlemme è una capanna dell’Africa, dove tanti condannati a morte attendono la grazia delle medicine. Troveremo Betlemme preparando “un posto” per chi è come Gesù, senza. Ecco perché Natale ci può rendere davvero più buoni: perché ci fa sentire quanto siamo amati al di là di ogni merito e ci spinge a non avere paura di amare, costringendoci tutti a chinarci sulla vita vera e a scegliere di prenderla con noi. Buono non è un sentimento sdolcinato, a poco prezzo, superficiale. Buono è chi difende la vita anche quando non conviene, e la difende con tutta la forza, l’intelligenza, la libertà, la passione dell’amore. Prendiamo con noi questo bambino, segno della benignità di Dio e ci aiuterà a guardare il mondo con occhi diversi e a scoprine la bellezza. Scaldiamo lui per non essere freddi; amiamolo perché sciolga il nostro peccato; regaliamogli tutto, perché ci fa ricchi del suo amore infinito. Ascoltiamolo per imparare a parlare; adottiamolo, perché lui ci generi a figli. Facciamogli posto nel nostro cuore e nelle nostre case per riempire i tanti vuoti di amore. Iniziamo semplicemente a dire a lui ed al nostro prossimo “ti voglio bene”. E con Lui anche nell’oscurità grande delle notti della sofferenza vedremo la gloria di Dio e sapremo riconoscere la bellezza del creato e delle creature, tutte, perché tutte amate da Dio. Pace in terra agli uomini che Egli ama. Pace a me amato da Lui.

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