Editoriale
Di Giuliano Monari
Il Fiume Reno e i suoi alberi: possono essere di pericolo in caso di piena?
Le cronache terribili di questi giorni. Le immagini di devastazione e di morte che attraverso i network si sono fissate nella nostra mente, non ci possono distrarre da ciò che ci circonda. Anzi. Devono, uso questo verbo importante per sottolineare l’importanza, devono, ripeto, accendere se non lo fosse già, e questo sarebbe grave, l’attenzione sul nostro Fiume Reno che, da ‘qualche anno’ attraversa le nostre terre e, non di rado, lascia brutti ricordi. Mi accingo a scrivere questo editoriale sollecitato, giustamente, dalla coscienza di una cittadina attenta e preoccupata per ciò che potrebbe accadere se il nostro amato Reno dovesse ricevere una piena più potente di quelle ‘solite’. Stante – le foto lo evidenziano molto esplicitamente – le condizioni del letto del Reno che, come si può notare, è letteralmente invaso da alberature e cespugli che, nel caso di forti piene, potrebbero creare un pericoloso ‘tappo’ con le conseguenze che ognuno di noi può bene immaginare. Lungi da me fare del facile allarmismo. Sia ben chiaro. Però, per causa di sfortunate concomitanze meteorologiche, abbiamo scoperto, complice il ‘Vespa’ nazionale, che avvenimenti come quelli che si sono verificati nei giorni scorsi in Sardegna, purtroppo, si possono verificare. E nessuno, dico nessuno, sarebbe in grado di prevedere dove, quando e di quale intensità. Questo, a mio modesto avviso – concordemente con la nostra affezionata lettrice – dovrebbe fare non solo riflettere ma, più sensatamente, dovrebbe fare cambiare il modus operandi delle nostre Istituzioni. Troppo spesso, infatti, si deve scrivere di allarmi dati in ritardo e gestione ‘allegra’ del territorio. Tutto questo, a volte, si può trasformare in tragedia. Premesso che a Cento – ne sono stato di recente buon testimone in una serata che mi ha visto ospite di un addestramento della Protezione Civile – siamo molto ben ‘protetti’ dalle tantissime persone, volontari, che sono preparati, competenti e bene attrezzati per far fronte ad eventualità di disastro idraulico. Ma, sottolineo ma, queste bravissime persone a cui dobbiamo sempre grande riconoscenza, intervengono dopo. È sul prima che si vuole porre l’accento in questo editoriale. Sul ‘meglio prevenire che curare’. “E’ un continuo rimpallo di responsabilità – riporto fedelmente quanto raccontatomi dalla lettrice al telefono, identificandosi molto correttamente – quello a cui ho assistito stamattina quando, dopo aver visto cosa è successo in terra di Sardegna e, per lavoro, dovendo, da anni, giorno dopo giorno attraversare i due ponti sul Reno, ho deciso di smettere di lamentarmi ed ho preso in mano il telefono. I vari uffici che ho contattato – prosegue la lettrice – anche con qualche segno di evidente scocciatura, si sono rimpallati le responsabilità del controllo del Fiume Reno, ed in particolare dell’alveo nel tratto compreso tra il Ponte Vecchio e il Ponte Nuovo, tratto che attraversa le due comunità di Pieve e di Cento; fintanto che sono riuscita ad avere il numero di fax (che nel 2013 ci sia ancora qualche Istituzione che usa il fax è quantomeno assurdo!) e, bontà loro, un indirizzo e-mail. Dopo aver trascorso la mattinata al telefono, ho deciso di contattare areacentese.com che seguo sempre e che ritengo un valido interlocutore”. Ora, come direttore di giornale, come giornalista, come cittadino, mi attendo qualche risposta. Se non a me, comunque, alla nostra lettrice, alla cittadina di Cento che, giustamente, vuole sapere chi, ma soprattutto quando, le Istituzioni preposte si decideranno a fare un po’ di pulizia in quell’alveo. Prima che non sia già dopo.